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TEMPESTA 2001

                                              Geh Ariel

bring den Sturm zum Schweigen und
wirf die Betäubten an den Strand
ich brauch sie lebend
damit ich sie töten kann
Mir                    Vater
          Warum

                                                                       Heiner Müller


Pierangelo Schiera

Rovine della memoria

Fare i conti col proprio passato è parte costitutiva di ogni civiltà. Ma molti e diversi sono i modi per farlo.
Il più scientifico e diretto è quello di ripulire e intonacare le facciate sporche e rovinate, riguadagnando superfici immacolate per nuove operazioni. E salvando però la memoria, moderno medicamento omeopatico, di cui l'organismo sociale e culturale ha bisogno per rinfrescarsi, di tempo in tempo, e per evitare rischi di assopimento e di assuefazione.
Un tale lavoro di restauro non si attaglia all'atteggiamento "italiano" nel confronti della storia. Non che non si sia convinti della specificità della nostra storia e anche della sua superiorità, in quanto originaria storia europea. Ma si è anche abituati a convivere con le rovine, senza bisogno di fingerle, e si sa che una rovina è comunque il risultato di un pezzo di storia e della sua degenerazione.
In generale, forse, gli Italiani sono più umili, o più modesti, o meno ambiziosi o meno responsabili e meno moralisti dei Tedeschi e non osano tanto padroneggiare il passato, quanto piuttosto cercano di giustificarne l'esistenza, accettandone le contraddizioni, le violenze e i regali, con un processo di adattamento e di comprensione progressivo anche se ambiguo. Ciò serve a ricordare che non tutto, nel passato, è stato buono e perfetto e che non tutto può essere ora, nel presente, pulito ed esorcizzato ? e neppure punito ed espiato, o vendicato.
La memoria gioca, mi pare, nel panorama etico-politico?culturale italiano, anche odierno, un ruolo minore che in altre parti d'Occidente. A me pare che a noi sia congeniale una visione della storia improntata all'oblio piuttosto che alla memoria. E la storia è allora il risultato di ciò che si è voluto o potuto dimenticare, più che di ciò che si è potuto e voluto ricordare: historia filia temporis, nel senso che è la convenienza del presente a governare il passato ? e non viceversa. Così, anche la storia può continuare ad essere cieca, o almeno bendata, com'era nelle icone rinascimentali e barocche.
Mi sembra collegata a questa sorta d'impudicizia "storica" della cultura italiana la sorte di altri temi, che faticano da noi a trovare compiuto svolgimento, mentre altrove vanno determinando da secoli la formazione e lo sviluppo delle coscienze nazionali. Cito ad esempio quelli dell'identità e della Bildung, per sottolineare la differenza d'impostazione esistente fra una cultura storicamente poco cosciente di sé, come quella italiana, ed altre culture che fanno della propria introspezione la bandiera stessa dello storicismo.
Più che un dono di Hitler a Mussolini, come spesso impropriamente si dice, l'edificio dell'Ambasciata d'Italia al Tiergarten è prova tangibile delle relazioni esistenti fra Germania e Italia alla vigilia della Seconda guerra mondiale e testimonia della capacità ideativa e organizzativa che accompagnavano il disegno nazionalsocialista. I piani urbanistici di Speer prevedevano una risistemazione degli spazi ufficiali di Berlino che avrebbe anche consentito una concentrazione delle sedi diplomatiche. Tutto ciò doveva essere fatto con quell'eccesso di pompa e magniloquenza di cui il regime aveva bisogno, soprattutto se si trattava di presentare l'internazionalità della propria azione e in particolare gli Stati alleati, tra cui l'Italia, che meno di vent'anni prima era stata un modello per il nascente nazismo.
Lo stile del giovane architetto berlinese Friedrich Hetzelt esprime con buon effetto questa mistura: né nazista né fascista, esso fornisce un'interpretazione aggiornata dello stile rinascimentale italiano. Potrebbe essere lo stile del fascismo internazionale, se quest'ultimo si fosse effettivamente potuto affermare. Per fortuna (ecco l'aspetto bendato della storia!) non fu così. La guerra scoppiò e fu perduta dall'Asse. Anche il nostro edificio divenne subito inutile e non fu praticamente mai adoperato per lo scopo per cui era stato progettato e costruito. Così ora noi mostriamo le vestigia di un'ambizione architettonica, che esprimeva un'ambizione politica, che però non si è realizzata.
L'edificio è rimasto, fin dall'inizio, un monumento all'ambizione incompiuta, al fallimento, all'inutile. Più sconcertante ancora è che quel monumento sia rimasto in piedi, sotto le bombe che devastarono il Tiergarten. Solo moderatamente danneggiato, esso ha sfidato per decenni la memoria ? e l'oblio ? degli uomini. In particolare la capacità di oblio degli Italiani, che sono rimasti come intimoriti di fronte al gigantismo di questo loro errore passato: la guerra da alleati di Hitler, testimoniata dal "dono" di questa grande Ambasciata, che la guerra stessa non aveva voluto cancellare. L'edificio non serviva più a nulla. Esso non poteva essere ricostruito, perché non era stato distrutto. Avvenne giustamente il contrario: cominciò a distruggersi da solo, poiché nessuno se ne poteva o voleva occupare. Gli Italiani avevano troppo da fare col proprio passato in patria ? il proprio fascismo da obliare ? per potersi occupare anche dei complicati rapporti con una cosa che nel frattempo era diventata molto più inquietante: il nazismo tedesco.
A far bene, si sarebbe dovuto fare proprio ciò che la guerra non aveva saputo fare: distruggere l'edificio, raderlo al suolo, secondo una specie di damnatio memoriae che avrebbe coronato la rimozione che in Italia si era nel frattempo riusciti a fare del fascismo italiano. Ma nessuno ci pensò. E poi ormai l'animo italiano ha perduto la durezza e il dinamismo politico del medioevo, in cui anche la condanna del passato era un modo di fare politica.
Così l'edificio si è lentamente degradato, condannandosi da solo a una rovina sua propria, non dovuta agli uomini, ma al tempo. Una rovina più interna che esterna, quasi invisibile dal di fuori: una specie di implosione, relativa più allo spirito e all'anima dell'edificio che al suo corpo. E' proprio questo smantellamento interno che si è voluto qui registrare, per mostrare quanto disgustoso può essere un passato, se non è amato. Questa mi sembra una condanna maggiore che non l'averlo abbattuto, l'edificio. E sarebbe bello pensare che le Autorità italiane non l'hanno abbattuto, ma neppure hanno provveduto a ripararlo, proprio perché si aspettavano di vederne la fine come auto?distruzione, così come auto?distrutte si sono le idee politiche che l'avevano ispirato.
Naturalmente non è andata cosi, ma voglio dire che l'oblio paga, quando è ora.



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dell'oscurità del fuoco
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----  scritti sul lavoro, immagini e suono
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il luogo dell'azione
----  laboratori : Kinkaleri - Roberto Castello
----  Un laboratorio condotto da Attilio Caffarena
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tempesta 2001
----  descrizione
----  rovine della memoria
----  oggetto
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combattimento di
Tancredi e Clorinda

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descrizione di una figura
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testi
----  informazioni        contraddittorie / un        massacro
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ATTILIO CAFFARENA - atcaffa@gmail.com


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